Gianluca Nicoletti si è messo in gioco con grande sincerità ed emotività nel suo libro Una notte ho sognato che parlavi, in cui racconta per la prima volta la sua straordinaria esperienza di padre di un ragazzo autistico. Un libro dolce-amaro che affronta con disincanto un tema – l’autismo – che interessa oggi in Italia 400.000 famiglie.
Non sembra quindi un caso che questo esordio abbia raggiunto ormai le 30.500 copievendute e sia alla sua sesta edizione a neanche tre mesi dalla sua uscita in libreria; in più nelle ultime 4 settimane il libro è in classifica nella top ten per il genere Non Fiction. Un altro dato interessante, per quanto riguarda invece il mondo digitale, sono gli ottimi risultati di download della versione ebook di Una notte ho sognato che parlavi.
Queste pagine narrano la storia quotidianamente e banalmente vera di Tommy, un simpatico e riccioluto adolescente autistico. E del suo straordinario rapporto con il padre, Gianluca Nicoletti.
Di un bambino che a tre anni era tanto buono e silenzioso – forse persino troppo – e di suo padre che, quando un neuropsichiatra sentenziò: «Suo figlio è attratto più dagli oggetti che dalle persone», non trovò tutto ciò affatto strano. (In fondo, era stato così anche per lui: aveva cominciato a parlare tardissimo e ora si guadagnava da vivere proprio parlando; quindi, prima o poi, pure Tommy avrebbe iniziato a farsi sentire.) In seguito, con l’arrivo dell’adolescenza, le cose in famiglia improvvisamente cambiarono: quel bambino taciturno diventa un gigante con i peli, forzuto, talvolta aggressivo, spesso incontrollabile, e Gianluca, chiamato in causa dalla moglie sconfortata, si scopre – suo malgrado – un genitore felicemente indispensabile.
«Il padre di un autistico di solito fugge. Quando non fugge, nel tempo lui e il figlio diventano gemelli inseparabili.
Tommy è la mia ombra silenziosa» scrive Nicoletti.
«È un oracolo da ascoltare stando fermi, e senza troppo arrabattarsi a farlo agitare sui nostri passi.
Molto più interessante è respirarlo e cercare di rubare qualcosa del suo segreto d’immota serenità.»
E allora ecco il racconto dolceamaro, sempre franco e disincantato, di un piccolo universo quotidiano, fatto di impegnative (per il padre che deve pedalare per due) e piacevoli (per il figlio che va a rimorchio) gite in tandem su e giù per Roma, di meno piacevoli visite negli uffici della Asl per ottenere un permesso di parcheggio per disabili irragionevolmente negato, di acrobatiche organizzazioni famigliari per conciliare lavoro- scuola-terapie-svago (districandosi fra deliziose insegnanti di yoga, esperti di ippoterapia, demotivati insegnanti di sostegno, svogliati operatori sociosanitari), e poi di risse verbali per un posto a sedere in autobus, di quesiti su come gestire la nascente (e prorompente) sessualità di Tommy e su come affrontare «un domani» il suo futuro. Perché l’autismo – di cui si sa ancora pochissimo – non è un disturbo infantile: dall’autismo non «si guarisce».Una notte ho sognato che parlavi è dunque un memoir ironico e commovente, talvolta struggente, spesso allegro, e insieme un libro-verità che racconta con grande coraggio una patologia, troppo spesso rappresentata in modo fantasioso e iperbolico, oggi diffusissima.
E, cosa che non molti sanno, una vera e propria emergenza sociale, la prima causa di handicap in Italia.
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